Roma stupro - reato di violenza sessuale avvocato Milano
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La maggior parte della giurisprudenza avevano quindi specificamente sottolineato, già con la recente materia, l eventualità che il marito potesse essere incolpato del reato di violenza sessuale nei riguardi della moglie, in quanto l obbligo di dedizione sessuale tra consorti, una volta uniti in matrimonio, non è coercibile ma è sottoposto al libero consenso dato di volta in volta, onde la costrizione ad adempiere determina reato.
La questione che poteva nascere nella recente materia era, tuttavia, quello di dover comprendere, di volta in volta, se il reato contro la moglie evidenziasse violenza privata, azioni di libidine o violenza carnale. In merito a ciò, un esempio dell inidoneità della recente norma si evidenzia nella motivo della pronuncia di Cassazione del 15 maggio 1982, che così afferma: (129)
Nel reato di cui all art. 572 c.p., abusi in famiglia, rientrano soltanto quelli di percosse (art. 581 c.p.) e di minacce, i quali sono aspetti costitutivi della violenza fisica o morale propria del reato di maltrattamenti.
Per tutti gli altri reati si ha concorso e non inclusione, nel caso in cui l interesse giuridico offeso non inerisca l assistenza familiare. Nel dettaglio, per cui, in maniera legittima l imputato è stato considerato responsabile pure del diverso reato di violenza privata lesivo della libertà morale, per aver inserito nell ano della moglie il collo di una bottiglia, dopo aver spogliato e legato al letto la donna contro il suo volere.
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La Corte ha giustamente previsto il concorso di reati e non il loro assorbimento. Comunque, ...(omissis) competendo alla Cassazione nel rispetto dell imputato quanto alla misura della condanna la facoltà e l obbligo di determinare gli eventi in maniera corretta a livello giuridico, ed evidenziandosi innegabile una loro corrispondenza all ambito sessuale, non sarebbe stato strano domandarsi se non si era trattato tanto di violenza generale quanto di particolare aggressione alla libertà sessuale. (130)
Secondo siffatte considerazioni, sarebbe stato utile che la Corte avesse considerato se il comportamento includeva gli estremi di violenza carnale o di azioni di libidine violente, anziché di violenza privata.
L artefice arriva tuttavia ...(omissis) alla conclusione che fu giusta, considerata la circostanza in cui accadde, e che porta a pensare più alla decisa intenzione di cagionare nuove malesseri fisici e morali più che all intento di soddisfare desideri libidinosi. Per l attuale normativa, siffatto comportamento sarebbe stata certamente punito con il più grave reato di violenza sessuale, ex art. 609 bis c.p. Ciò per due ragioni.
La prima in quanto l azione è oggettivamente, e non soggettivamente, atta a ledere l ambito sessuale della vittima, la seconda perché la più ampia espressione di azioni sessuali consente, correttamente, di prescindere dall analisi degli aspetti costitutivi dell unione carnale o delle azioni di libidine. Con pronuncia del 11 marzo 1994, (131) la Cassazione stabiliva quanto segue: ... (omissis) perché possa determinarsi il reato di violenza carnale è utile che al fatto la persona si sia determinata a causa di una costrizione di volontà attraverso minaccia o violenza.
Nel dettaglio la Cassazione ha sospeso per vizio di motivazione la pronuncia di appello che aveva provato la responsabilità dell accusato sulla base della testimonianza della moglie di essere stata obbligato con violenza ad un coito orale. La Corte ha evidenziato che ...(omissis) analizzata la specificità del coito orale, pare complicato sostenere l esercizio di una violenza fisica come quella presentata dalla ricorrente che ben a essa avrebbe potuto in qualsiasi circostanza facilmente opporsi e sottrarsi all attuazione del coito da lei non voluto.
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Pure in tale ipotesi, sembra evidente che la nuova norma sarebbe capace di punire il reato, in quanto il comportamento si può riconnettere al reato ex art. 609 bis, che non distingue tra le varie azioni sessuali e non sottopone la sanzione alla reazione attiva messa in atto dalla vittima.
Si può quindi sostenere che vi è una posizione ampiamente sostenuta dalla giurisprudenza che prevede il reato di violenza carnale nei riguardi del consorte, e che il reato stesso possa determinarsi in concorso con la tipologia degli abusi in famiglia.
La nuova norma inserita con la legge n. 66 del 1996 non ha modificato questa cornice, con il beneficio di aver cancellato tutti i dubbi a livello interpretativo in ambito di unione carnale e azioni di libidine, favorendo il concetto aperto di azioni sessuali e dando valore all interesse giuridico tutelato della vittima, ossia il suo ambito sessuale, e non alle volontà dell aggressore, ritenute correttamente di alcun rilievo in merito alla loro influenza sul danno che la condotta lesiva cagiona alla vittima.
Si può dunque sostenere che, in materia di violenza tra consorti, potrà poi determinarsi una maggiore perseguibilità laddove si manifesti qualsiasi azione violenta che, al di là dei maltrattamenti, trasgredisca la libertà sessuale dell altro consorte.